L’Incontro – Capitolo 16

Matteo era sulla ferrata delle Bocchette Centrali nel gruppo del Brenta, quando arrivò il messaggio di Micaela. Era impegnato in un tratto difficile che richiedeva attenzione e concentrazione per non finire più in basso ai piedi della Bocca Armi.
Il panorama era mozzafiato per via degli strapiombi vertiginosi che costeggiavano le cenge naturali o gli stretti passaggi ricavati nel costone roccioso della montagna; non era permesso la benché minima distrazione, perché avrebbe potuto essere fatale. Quel trillo improvviso l’aveva fatto sobbalzare per una frazione di secondo ma subito l’aveva dimenticato, mentre avanzava con prudenza nella limpida e tersa giornata di agosto con le cime frastagliate del Brenta a fare da cornice.
Quando era partito da Padova, era stato molto indeciso se visitare i rifugi che stavano a cavallo tra Madonna di Campiglio e Molveno oppure percorrere la via classica delle Dolomiti che in dodici giorni partendo dal lago di Braies scendeva verso Belluno. Sarebbero stati dodici giornate impegnative sia fisicamente, sia psicologicamente con molti passaggi difficili adatti a persone esperte e allenate. Quest’anno non era riuscito a prepararsi adeguatamente a causa degli impegni di lavoro e per di più era distratto dal costante pensiero verso Micaela. Quindi aveva ripiegato sui rifugi del gruppo del Brenta con sentieri meno impegnativi ma ugualmente suggestivi.
Quell’incontro fortuito e stimolante nel supermercato all’Arcella aveva scompaginato i pensieri e intaccato la fredda determinazione che usava per raggiungere gli obiettivi. Da sempre aveva amato la montagna aspra e silenziosa e non quella chiassosa e vacanziera che trovava deprimente e dispersiva. Lui era un introverso che trovava nelle camminate solitarie tra boschi e rocce il modo di esprimersi compiutamente. Il profumo della resina degli abeti o dei fiori alpini, il sibilare feroce del vento sulla pelle secca e screpolata, il passo cadenzato e misurato sui sentieri ghiaiosi erano per Matteo sensazioni appaganti e inebrianti che rinnovava ogni anno come un rito pagano.
Lui, che era nato in pianura, fredda e nebbiosa d’inverno, assolata e secca d’estate, sembrava un montanaro autentico, mentre con passo sicuro e ritmato dalle asperità del terreno percorreva sentieri e ferrate alla ricerca del silenzio e della pace interiore.
Con profondo disgusto osservava le file di turisti che con scarpe da ginnastica e macchine fotografiche al collo si aggiravano chiassosi e maleducati per sentieri e boschi, rompendo l’incanto fatato della montagna profanata. Cercava sempre vie poco battute da affrontare in solitario con la sola compagnia dei suoi pensieri. Erano momenti magici, perché poteva dar sfogo all’immaginazione, alle riflessioni più intime. Questa passione non era condivisa da nessuno dei pochi amici o amiche che aveva e quindi da anni trascorreva le ferie estive da solo nei boschi e nei rifugi alpini, che raggiungeva dopo lunghe camminate accompagnato dal vento e dalle nuvole.
Quest’anno aveva sperato di trascorrere le vacanze agostane con Micaela o in giro per l’Italia o passeggiando nei boschi per sentieri facili e panoramici. L’esito era stato fallimentare per l’approccio maldestro avuto, che gli aveva lasciato una profonda ferita che faticava a chiudersi.
Era partito ai primi di agosto per Madonna di Campiglio con il pensiero fisso rivolto alla ragazza, che non riusciva a dimenticare nonostante tutti gli sforzi. Aveva provato inutilmente a contattarla dopo quel sabato in Piazza delle Erbe, ma il telefono era sempre inspiegabilmente spento. Preferiva il colloquio diretto all’invio di messaggini freddi e impersonali ma una voce femminile lo informava con monotonia che l’utente chiamato non era raggiungibile. Poi un giorno decise di affidare al messaggio il compito di richiamare su di sé l’attenzione di Micaela, che lo lesse mentre stava raggiungendo Cortina. Non ricevendo risposta, la lasciò perdere e si concentrò sul lavoro e sull’organizzazione delle ferie di agosto.
Adesso si era fatta viva in modo inatteso e in un momento delicato. Questo punto non lo preoccupava, perché ci avrebbe pensato una volta raggiunto il rifugio Alimonti. In questo frangente doveva stare attento a dove e come posava i piedi se voleva tornare a Padova con le proprie gambe.

Micaela, svegliatasi presto la mattina successiva, si affacciò alla finestra, ammirando lo spettacolo del sole che inondava di luce le argentee crete e i verdi vigneti della val d’Orcia.
La tensione accumulata il giorno precedente, che si era quasi dissolta durante la notte, adesso era svanita completamente ammirando la vista spettacolare di dolci colline punteggiate di verde.
Provava un senso di colpa verso Silvia, perché si era intromessa nelle loro vacanze ma si era ripromessa di rendersi quasi invisibile per recare loro il minimo disturbo. L’agriturismo le avrebbe consentito di soddisfare le necessità di relax con l’uso della piscina e dell’ampio prato, offriva la possibilità di lunghe passeggiate distensive attraverso campi e radure. Era dotato di un maneggio e di un ottimo servizio per visitare Pienza, Siena, il borgo di Monticchiello, Montepulciano e tanti altri piccoli borghi sparsi nei dintorni. Avrebbe programmato i giorni di permanenza, sfruttando le opportunità offerte senza intralciare i piani della coppia.
Aveva sempre sognato di fare lunghe cavalcate immersa nella natura, assaporando gli odori e gli umori della campagna come spesso si vedeva nei film. In compenso non era mai salita in sella a un cavallo che le incuteva il timore di non riuscire a governarlo. Nei prossimi giorni, vincendo la paura, avrebbe provato l’ebbrezza di cavalcare e sentire l’aria frusciare sul viso, insinuarsi sotto la camicetta, accarezzarle la pelle.
Col lieve fardello di questi pensieri scese a fare colazione nell’ampio cortile attrezzato con sedie e tavoli di vimini, mentre Matteo sembrava un pallido ricordo che si dissolveva in lontananza.
Se avesse richiamato, ora sapeva cosa dire. Non aveva avuto necessità di consultarsi con Silvia per conoscere la strada da percorrere, perché le risposte erano sgorgate durante il riposo notturno limpide e naturali come le sorgenti alpine di un torrente.
«Ma avrebbe richiamato?» si domandò un po’ incredula, perché non ne era assolutamente certa.
“Buongiorno” disse a Silvia e a Gianni, che finita la colazione la stavano aspettando chiacchierando e programmando la giornata.
“E’ una giornata stupenda e mi comporterò, come una brava lucertola, prendendo il sole ai bordi della piscina. Sono pallida ed emaciata come una malata e un po’ di colorito mi farà bene”.
“Pensavamo di fare un giro all’Amiata. Ti unisci a noi?” le chiese discreta Silvia, sapendo che la risposta sarebbe stata negativa, perché ne conosceva il carattere riservato.
“No” rispose Micaela con tono deciso. “Preferisco rilassarmi qui, tra il verde del prato e il canto degli uccelli”.
“Ci farebbe piacere se ti unisci a noi” disse Gianni sorpreso dalla risposta. “Guarda che non sei d’impiccio e non ci crei nessun problema”.
“Vi ringrazio delle vostre premure ma mi devo riprendere dallo stress accumulato negli ultimi mesi. Sarà per la prossima escursione. Qui l’atmosfera mi invita a sonnecchiare! Niente di meglio che farlo sotto il sole”.
Alcune battute scherzose, qualche risata sancirono gli impegni reciproci prima che ognuno di loro affrontasse la giornata secondi le mete fissate.
Micaela era distesa sul prato al sole quando la voce di Elisa gli annunciò l’arrivo di una nuova telefonata.

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