Non passava giorno – Cap. 47

Foto personale

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Nella casa vuota si udiva il pianto sommesso di Laura e il rumore dei suoi passi nei corridoi e nelle stanze.

Lei inseguiva piangendo i posti dove erano stati fino a poche ore prima con Marco. Girò a lungo, finché esausta non si sedette sul divano vicino all’ingresso. Aveva l’assurda speranza che Marco avesse cambiato idea e che ritornasse da lei. Non voleva rassegnarsi all’illusione che tutto fosse finito ma cullava nella mente la possibilità che qualcosa potesse mutare nei prossimi minuti.

Marco se ne era andato per sempre, mentre Laura era sola coi suoi pensieri e la sua solitudine, che le facevano una compagnia non gradita.

Rimase lì nella penombra del pomeriggio che lasciava il posto alla sera. Teneva stretto il telefono come se fosse una reliquia da proteggere con l’illusione che si animasse.

Rimpiangeva gli anni allegri passati con lui, che non potevano tornare, perché il tempo scorre e non si ferma mai, né tanto meno ritorna indietro.

Vorrei che oggi fosse ieri, quando la prima fase dell’amore, quella esaltante e spontanea, riempiva i nostri cuori!” disse ad alta voce Laura con la speranza che Marco potesse ascoltare le sue parole.

Aveva sognato che quella fase rimanesse per sempre, come aveva sperato che il miracolo del ritorno di Marco si avverasse. Purtroppo era finita per sempre.

Marco continuava a occupare i pensieri di Laura, immobile sul divano col telefono in mano, quando la suoneria la fece sobbalzare. Guardò il display: era Sofia. Sul volto comparve una smorfia di amarezza, perché aveva creduto per qualche secondo che Marco gli annunciasse di avere cambiato idea. Represse la sofferenza della delusione con un motto di stizza, mentre lo lasciò suonare senza rispondere. Non desiderava parlare con nessuno del dolore che provava.

La chiamo più tardi’ si disse. ‘Ora non mi va di parlare’.

Aspettava una chiamata da Marco, che non poteva venire, perché era impegnato a scacciare i fantasmi del passato.

Il tempo per Laura si era fermato o passava con molta lentezza. Aveva il vuoto nella mente incapace di seguire il filo logico di una riflessione.

Percepiva che doveva fare qualcosa, se non voleva cadere nuovamente nello stato di otto mesi prima, quando fu incapace per molti giorni di pensare a sé.

Cosa? Non lo sapeva, perché il pensiero fisso per Marco era sempre lì vivo e attuale, facendola sentire impotente a prendere una decisione.

Da quanto tempo sto sul divano in attesa di un miracolo che non arriverà?’ pensò con gli occhi arrossati per il pianto. Non lo sapeva con precisione ma percepì che il pomeriggio stava morendo assieme alle sue speranze. Doveva muoversi, alzarsi, prendere dei provvedimenti, prima che fosse troppo tardi.

Si levò dal divano per andare verso la sua camera, quando notò qualcosa spuntare sul tavolino di fianco alla poltrona. Si avvicinò e vide, posata sotto i fogli scritti a mano della vecchia fiaba, la busta bianca con dentro lettere e le istantanee di Grazzano Visconti.

Capì che il sogno era davvero finito. Doveva tornare alla realtà dolorosa, della quale non poteva non tenerne conto. Marco si era disfatto degli ultimi legami che aveva. Forse era rimasto solo il numero di telefono. ‘Per quanto tempo lo conserverà?’ si chiese con un sorriso amaro. Non lo sapeva ma credeva per poco. Poi anche quel cordone ombelicale si sarebbe reciso per sempre.

Raccolse la busta, dove infilò anche i fogli della fiaba, e la nascose in un cassetto della sua stanza. Si tolse il vestito rosso, che aveva messo nella speranza che potesse compiere il miracolo di ricucire la relazione con Marco. Lo gettò sul letto con un moto di stizza, rimanendo in mutandine e reggiseno.

Aveva la consapevolezza di cosa fare. Aprì la rubrica del telefono per selezionare il numero di Paolo, che aspettava da tempo questa telefonata.

Non posso crogiolarmi nel dolore’ pensò, mentre richiamava il numero dalla memoria. ‘Devo annegare nell’oblio Marco, che non sarà più l’amico fidato, al quale chiedere aiuto o consiglio. Paolo sarà stato paziente da aspettarmi?’

Ciao, sono Laura. Sorpreso se ti chiamo?” disse con voce ferma e allo stesso tempo tremante per la trepidazione.

Sorpreso? No! Ma stregato dalla tua voce” rispose Paolo pronto. “Da troppo tempo aspetto questa telefonata. Non arrivava mai. Pensavo di chiamarti. Però mi hai preceduto. Vieni a prendere un aperitivo alla Caffetteria del Corso?”

Laura rimase indecisa, se raccogliere la proposta o restare fredda. ‘L’invito deve essere accettato’ si disse, ‘ho la necessità di parlare con qualcuno’.

Va bene” rispose Laura con calore. “Va bene alle sette?”

Sì” fece Paolo con il viso dipinto dalla felicità.

Conclusa la telefonata, Laura sentiva il pentolone delle emozioni che bolliva e traboccava sul fuoco. Doveva organizzare il resto della serata. ‘Gli lascio l’iniziativa oppure la assumo io?’ si chiese, mentre si guardava nello specchio. Era ancora spogliata. Doveva pensare a come vestirsi per la sera, che avrebbe avuto anche un’appendice. Chiusa la telefonata, intuì che aveva chiamato senza un preciso obiettivo, pensando di andare a braccio. Però aveva assunto con decisione le redini del comando: o accettava o rifiutava il suo invito. Da questo momento era lei che doveva essere propositiva nelle scelte, se voleva guidare il gioco, organizzando il resto della serata.

Invitare Paolo a casa sua non le andava, perché troppo fresco era il ricordo della giornata trascorsa con Marco. Poteva invitare Sofia e Matteo, se erano disponibili. Però mancava il tempo materiale per sistemare l’abitazione, che non era nelle condizioni di ricevere ospiti.

Indossò jeans e una camicetta azzurra. Calzò un paio di scarpe con un modesto tacco. Sulle spalle avrebbe messo un golfino leggero. Mentre si preparò, pensò alla soluzione del problema del dopo sera. ‘Se chiedo a Sofia di ospitarci?’ si disse Laura, mettendo un filo di rossetto. ‘Le chiedo di telefonarmi, mentre sono con Paolo. Lei non deve dare l’impressione di avere combinato in precedenza l’invito. Può essere un’idea. Ma prima devo sentire Sofia cosa ne pensa’.

Ciao, sono Laura” disse alla risposta dell’amica.

Cap. 46 Cap. 48

Per chi volesse leggere dall’inizio questo è l’indirizzo del primo capitolo

11 thoughts on “Non passava giorno – Cap. 47

  1. Tutto rapido, in un rapporto riflessivo la domanda era sui costi da pagare per stare assieme, sui passi comuni, ma su questo nessuno dei due arretra o è in grado di farlo. Molto verosimile, ma Laura è davvero così in grado di gestire i propri demoni? Staremo a vedere. Bello e attendo

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  2. Pingback: Non passava giorno – Cap. 48 | orsobianco

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